Democrazia e anarchia by Donatella Di Cesare

Democrazia e anarchia by Donatella Di Cesare

autore:Donatella Di Cesare [Di Cesare, Donatella]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2024-01-15T12:00:00+00:00


3. Eschilo attinge a miti remoti, a memorie dell’epoca arcaica, intrecciati nei nodi di una tragedia sospesa tra la violenza incalzante e l’ansiosa ricerca di un rifugio, tra la rivolta permeata di speranza e l’impotente incertezza dinanzi all’incubo riaffiorante – come una nera vela minacciosa che si staglia all’orizzonte tra il cielo sereno e il mare spumeggiante9.

La leggenda sullo sfondo è quella di Io, sacerdotessa presso il santuario di Argo, che accende l’amore di Zeus. Scatena allora la vendetta implacabile di Era, legittima sposa, che per gelosia la muta in una giovenca, sospinta dalle punture struggenti di un tafano a un continuo vagare. Come una figlia incestuosa, punita dall’ira materna, Io è costretta a fuggire senza posa, condannata all’erranza perpetua – quasi che, rivale della madre, nessuna terra potesse mai adottarla. Nella frenesia corre per l’Europa, guada lo stretto tempestoso tra le due sponde opposte, il Bosforo, boós póros, passa per le regioni dell’Asia ricche di fiumi, finché giunge sulle coste africane.

L’itinerario di Io è ben diverso dal viaggio di Ulisse che, tra deviazioni e mutamenti di rotta, disegna un sicuro ritorno a sé e alla patria. E il suo delirio è lontano anche dal dramma di Edipo, il figlio che, pur tormentato dalla passione amorosa per la madre e dalla rabbia omicida verso il padre, è però mosso dalla volontà di sapere, anche se ciò dovesse costargli gli occhi della testa. Figlia che contravviene all’autorità materna di Era l’argiva, la sacerdotessa dei diritti matrimoniali, Io resta invece in balía della sua ossessione, preda di una psicosi inarrestabile10. Il marchio dell’angoscia resterà impresso nella sua discendenza.

In Egitto, al termine di quel periplo, Zeus la sfiora con l’alito divino, la «tocca» sulla fronte, per restituirle sembianze femminili, consentendole cosí di dare alla luce un figlio. Si chiamerà Epafo, capostipite dei re d’Egitto, generato dal «tocco» di Zeus (da ephápto, toccare). Solo in terra straniera Io sembra tornare a sé, in sé. Come se la madre avesse reciso ogni identità con l’origine. E la maledizione di Era incombe sulle generazioni successive. Tra i pronipoti di Epafo, i fratelli Egitto e Danao, si scatena un conflitto allorché i cinquanta figli dell’uno pretendono di sposare a forza le cinquanta figlie dell’altro anche allo scopo di acquisire i diritti regali sulla terra.

È la storia delle Danaidi che si ribellano alla brutalità dei cugini, e si sottraggono all’intento di impadronirsi delle proprie doti, ricorrendo all’usanza dell’endogamia. Non è difficile scorgere nel loro esilio il ricordo dell’antenata Io, che si traduce in un gesto simmetrico, e tuttavia opposto, fuori dalla terra, dalla legge, dal matrimonio – fuori dallo spettro dell’incesto che le insegue. Si lasciano cosí guidare dal padre Danao verso l’Argolide, la regione da cui era cominciato il vagabondaggio di Io, quella della loro provenienza. Il prosieguo della leggenda è affidato a piú di una variante11. Le Danaidi accettano infine di sposare i cugini, che le avevano raggiunte, ma la stessa notte di nozze, forse di propria iniziativa, forse su istigazione del padre, li uccidono. Solo



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